Le regole sono semplicissime:
1) condividere il titolo del Meme, il link a questo post e a chi vi ha proposto o permesso di partecipare;
2) copiare l'incipit che trovate al termine del post
3) sviluppare il proprio racconto, senza limiti di lunghezza e genere, purché sia coerente con l'incipit ed utilizzi i personaggi proposti (è possibile crearne di nuovi) e pubblicarlo sul proprio blog o profilo.
4) segnalare, nei commenti a questo post, il racconto pubblicato.
5) diffondere l'iniziativa, se possibile chiamando in causa direttamente altri due scrittori. Tutti, comunque, possono partecipare.
Ecco l'incipit proposto, da continuare con le regole sopra ricordate. Buona avventura!
Al di là dei riflessi opachi e freddi della cupola
biancheggiavano le sponde dell’oceano; le acque cobalto della baia ne lambivano
la riva a brevi intervalli, con carezze viscose. Fra le pieghe di velluto denso
della superficie luccicavano agli imprevedibili scoppi di luce violetta della
vecchia Ritelgeuse. Il riverbero di quei bagliori rimbalzava, come un’eco
istantanea, sulle travature del Braccio verticale dell’astroporto. Visti dal
basso, i tralicci che lo componevano salivano perpendicolarmente all’orizzonte,
formando il tronco metallico di un albero ciclopico, piantato fin nel cuore del
pianeta. Una selva di diramazioni laterali si staccava dalla struttura
principale e da ognuna di queste germogliavano a loro volta numerosi altri
segmenti, in una serie di molti ordini di ramificazioni. Dalle più piccole
appendici terminali, ciascuna grande dieci volte un uomo, le navi spaziali
pendevano come frutti maturi.
Miriadi di vascelli, un numero forse incalcolabile, ma di
gran lunga inferiore a quello delle stelle verso cui erano rivolte le loro prue
affusolate, la dove la razza umana aveva osato per prima spingere lo sguardo.
Le sagome tozze dei grandi cargo oscuravano con ombre nette e spigolose gli
ovali dei caccia da perlustrazione, cento volte più piccoli, scintillanti per
il riverbero azzurrognolo delle luci di posizione. Tutto intorno a quei colossi
del cielo ondeggiavano, come altrettanti satelliti, veicoli da esplorazione,
aggraziate navi di linea, che contrastavano con le aguzze e sinistre fusoliere
degli incrociatori da battaglia. A loro volta, le gigantesche astronavi da
carico scomparivano al cospetto della mole titanica delle Arche planetarie,
attraccate alla parte terminale del Braccio, che incombevano su tutto sfidando
ogni legge di prospettiva con le loro dimensioni incomprensibili.
Nella rotazione asincrona, che assicurava alle varie sezioni
dell’immensa struttura la possibilità di disperdere il carico statico, le sfere
contenenti i mondi artificiali passavano alternativamente sopra alla porzione di
cupola dove si trovava Jonas, come piccole lune punteggiate di luci.
Nel momento in cui l’ombra ricoprì ogni cosa, il veterano
sollevò lo sguardo dalla propria tazza di caffè, ormai freddo, pensando che
stava aspettando Lucille già da cinque rotazioni: ma quella che aveva oscurato
il cielo freddo di Ritelgeusille non era un’Arca. Prima che potesse realizzare
l’immensità di ciò che stava accadendo, la luce lo avvolse, ed ogni traccia di
pensiero coerente si dissolse nell’abbacinante eco elettromagnetica dell’unica
esplosione, che aveva scomposto, in una frazione di tempo di brevità
incomprensibile, tutta quella porzione di universo nelle sue particelle
elementari.
Image credit: http://bestartstudios.blogspot.it/ - Jamie Best Art Studio |
FINALE: Agorà dei pensieri
Il metallo era freddo e impugnare le manopole ridotte a ferraglia significava tendere tutti i muscoli per riprendere la salita. Rapidamente Eleanor si alzò dal sellino, mordendosi le labbra e pedalando con tutta l'energia di cui disponeva ancora, si girava continuamente scrollando la testa e sorridendo, si sentiva ogni volta libera e sorprendentemente felice.
Girarsi indietro per quale ragione poi? Non poteva esserci nessuno alle sue spalle, dopo l'esplosione gli ultimi azzurri mondi artificiali si erano scomposti in molecole di onde e fotoni e per una distorsione temporale trasportavano suoni provenienti dai pensieri.
Eleanor si svegliava ogni volta a quel punto, quando i pensieri prevalevano e si materializzavano di fronte a lei. E allora un impulso fremebondo la rendeva furente e non poteva fare altro che salire sull'ultima bicicletta dell'antico Mondo e raggiungere il piazzale: l'agorà.
Quella volta arrivò in cima esausta, gli occhi vibranti in cerca di risposte, la pelle violacea.
Da troppo tempo ascoltava le vibrazioni di quei pensieri nella speranza che si realizzasse ciò che desiderava. Inferno e Paradiso perduto, come perduti i tempi dei tempi, se avesse ascoltato per un attimo soltanto quei pensieri negativi non sarebbe mai accaduto ciò che stava per accadere.
Impeccabile si stagliava ritta in punta di piedi, con le braccia aperte, gli occhi chiusi e un lieve sorriso, convinta che solo in questo modo tutta l'agorà in cui si affollavano i pensieri, i ricordi e le immagini si concentrassero su di lei.
E puntualmente sorridendo, apriva lenta gli occhi e si schiudeva in una felicità mai raggiunta, sottovoce sentiva lui... come carezza sussurrata all'orecchio.
Lui: adorato, sognato.
Seguendo un punto all'infinito, non distogliendo lo sguardo neanche per un attimo quando la particella si avvicinava. Lei, la piccola Eleanor poteva risentire il suo amato padre.
Una minuscola impercettibile immagine iridescente, colorava con bagliori intermittenti il suo volto. Gli occhi si allagavano di lacrime, non appena quei colori diventano parole, suoni ancestrali e pensieri all'interno di se stessa. Le immagini del padre.
Pochi brevissimi attimi. Poi nulla. L'agorà dei pensieri scompariva fluttuando maldestramente e svanendo.
Per qualche attimo ancora rimaneva spossata a guardarsi intorno. Richiudeva gli occhi, doveva fare resistenza a non odiare, a non urlare poiché nei flutti vaganti si aprivano gli scenari delle passate esplosioni, ricordi del padre.
Con le labbra morse con vigore, in un balzo riprendeva la bici e ripercorreva la strada del ritorno, dietro a sé il cielo plumbeo, come ogni volta.
Il sentiero scosceso e il metallo freddo, come sempre. Giù, pedalando con ritmo sfrenato, incurante del dislivello. Serrava le labbra e non si girava più indietro, l'impellenza era tornare a casa, prima possibile. Il tempo si dilatava ogni volta e non c'era possibilità di fermarlo.
Sentiva fluttuare dietro di sé le immagini, i suoni, i ricordi, moltiplicandosi in rombi elettrici. Il cuore a bomba in gola, impediva ogni pensiero ancora, pedalava senza ragione..
Con lo sguardo accigliato, e il viso abbassato si avvicinò al fratello:
Lui la osservò con dolcezza, le diede una carezza sulla testolina morbida...
"Non importa Eleanor, farai meglio la prossima volta, questa volta era davvero difficile riprendere tutti i ricordi passati e i tuoi pensieri e renderli vivi di nuovo."
"E quando vi riuscirò. Quando cambierò il nostro destino?"
"Quando il tuo pensiero sarà in perfetta coesione con le vibrazioni dell'Universo.. Eleanor"
5 commenti:
Meraviglioso..non ci sono parole, le ho perse tutte leggendo questo racconto favoloso che consiglio a tutti!
Ho qualche dubbio sulle molecole di onde e fotoni... :)=
@Marco,
ma grazieee ci tenevo al tuo giudizio :D e sono davvero contenta che ti sia piaciuto!!!
Per la questione fotoni e onde ti spiegherò la mia teoria delirante, sono curiosa di sapere il tuo parere da scienziato ehehe!
Grazie ancora!
Questa cosa mi piace un sacco! Sogno già un seguito, solo che non ho le capacità per scriverlo perciò aspetto che altri continuino, così leggo e sogno. Ho condiviso l'iniziativa di Spartaco Mencaroni alle mie cerchie estese spero di aver fatto bene.
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