Nei tempi antichi, quando desiderare aveva ancora un senso, c'era un re che aveva molte figlie, tutte bellissime, ma la più giovane era talmente bella che perfino il sole, che di cose belle ne aveva viste tante, se ne stupiva quando un suo raggio le accarezzava il volto. Proprio accanto al castello del re c'era un bosco, come tutti i boschi grande e pauroso, e lì, in una radura, sotto un vecchio tiglio c'era una pozza d'acqua fresca e chiara. Nelle ore più calde del giorno, la giovane principessa si recava nel bosco e sedeva sul ciglio di quella fonte e, quando era proprio annoiata, prendeva una sua palla d'oro, la buttava in aria e la riprendeva al volo e questo pare fosse il suo gioco preferito.
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Art by Marianne Stokes (1855-1927) - “Frog Prince.” |
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Daniela Drescher |
«Che fai principessa, piangi che fai pena perfino ai sassi.»
La principessa si guardò attorno per vedere da dove provenisse quella voce e vide un ranocchio che spuntava dall'acqua con la sua grossa testa.
«Ah, sei tu vecchio sguazzafango», disse la principessa, «Io piango per la mia palla d'oro che è caduta nella fonte.»
«Stai tranquilla, non piangere», disse il ranocchio, «ci penso io alla tua palla. Ma tu cosa mi darai se ripesco il tuo tesoro?»
«Cosa desideri, caro ranocchio», disse la principessa, «ho vesti preziose, perle, gioielli, o forse vuoi la mia corona d'oro...»
Il ranocchio rispose: «Le tue vesti, le tue perle, i tuoi gioielli e la corona d'oro io proprio non li voglio - ma se tu saprai volermi bene, se potrò essere tuo amico e se potrò giocare con te, sedere con te alla tua tavolina, mangiare dal tuo piattino d'oro, bere dal tuo bicchierino e dormire nel tuo lettino... se mi prometti tutto ciò io farò un bel tuffo e ti riporterò la palla d'oro».
«Certo», disse la principessa, «ti prometto tutto quello che vuoi, purché tu mi riporti la palla.» Ma intanto fra sé e sé pensava: «Di cosa chiacchiera quello stupido ranocchio che se ne sta nell'acqua a gracidare assieme ai suoi simili! Certo non potrà mai essere compagno di una creatura umana».
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Paul Friedrich Meyerheim |
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Felicitas Kuhn |
«Aspetta, aspetta», gridò il ranocchio, «prendimi in braccio, io non so correre come te.» Ma a niente gli giovò gridare e gracidare. La principessa corse via come il vento e subito dimenticò le sue promesse al povero ranocchio che s'era tuffato nella fonte.
Il giorno seguente, mentre la principessa era seduta a tavola col re e con tutta la sua corte e mangiava nel suo bel piattino d'oro, plitsch-platsch, plitsch-platsch, qualcosa salì a balzi la scala di marmo del palazzo e quando fu in cima bussò alla porta urlando:
«Figlia del re, tu la più piccolina, aprimi la porticina». La principessa corse a vedere cosa c'era fuori e si vide davanti il ranocchio. Allora sbatté la porta e, piena di paura, si rimise a tavola.
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«Oh no», rispose la principessa, «non è un gigante, ma un brutto ranocchio.»
«Cosa vuole da te il ranocchio?»
«Padre mio, ieri giocavo nel bosco accanto alla fonte e la palla d'oro mi cadde in acqua. Io piangevo tanto e il ranocchio me l'ha ripescata, e io, perché lui lo pretese, gli promisi che sarebbe diventato il mio compagno, ma io non credevo che sarebbe uscito da quell'acqua. Adesso è lì fuori e vuole assolutamente venire da me.»
Intanto si udì di nuovo bussare e gridare:
Figlia di re, principessa ricorda la tua promessa. Fa che non sia vana" la tua parola accanto alla fontana.
Allora il re disse: «Quello che hai promesso lo devi mantenere. Va ad aprire». La principessa andò e aprì. Il ranocchio la seguì e saltellò fino alla sedia, poi gridò: «Sollevami fino a te». La principessa esitava, ma il re la obbligò. Appena sulla sedia, il ranocchio volle salire sul tavolo e quando fu sul tavolo disse:
«Ora avvicinami il tuo piattino d'oro così che io possa mangiare assieme a te». La principessa obbedì, ma sicuramente non era contenta. Il ranocchio mangiò tutto di buon appetito, mentre a lei i bocconi si fermavano in gola.
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Bernard Hermann |
«Ho mangiato a sazietà e ho sonno; ora portami nella tua cameretta, rassetta il tuo lettino di seta e andiamo a dormire».
La principessa si mise a piangere, aveva paura del ranocchio freddo e viscido e non osava nemmeno toccarlo e ora doveva andare a dormire con lui nel suo bel lettino fresco e pulito. Ma il re s'arrabbiò e disse:
«Non si disprezza chi ti ha aiutato nel bisogno».
Allora, con due dita la principessa sollevò il ranocchio, lo portò nella sua stanza e lo mise in un angolino. Ma quando la principessa fu a letto il ranocchio venne a balzi verso di lei. «Sono stanco e voglio dormire comodo" come te: tirami su o lo dirò a tuo padre.»
Allora la principessa s'arrabbiò, prese il ranocchio e con tutte le sue forze lo scagliò contro la parete. «Adesso finalmente tacerai, brutto ranocchio», disse.
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Gustav Tengrenn |
"No, signore, non è la carrozza s'è rotto un cerchio del mio cuore per tenerlo saldo nel grande dolore quando, dentro alla fontana di voi fu fatta una rana."
Ancora due furono gli schianti e scoppi e ogni volta il principe pensava si fosse rotta la carrozza, ma erano i cerchi che si spezzavano e saltavano via dal cuore fedele del fedele Enrico, perché il suo padrone era di nuovo libero e felice.

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