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sabato 20 dicembre 2014

Scegli la tua avventura

Partecipo all'iniziativa di Spartaco Mencaroni "Scegli la tua avventura" dal suo blog Spartacomencaroni.blogspot.comhttp://spartacomencaroni.blogspot.it/2014/11/scegli-la-tua-avventura.html

Le regole sono semplicissime:
1) condividere il titolo del Meme, il link a questo post e a chi vi ha proposto o permesso di partecipare;
2) copiare l'incipit che trovate al termine del post
3) sviluppare il proprio racconto, senza limiti di lunghezza e genere, purché sia coerente con l'incipit ed utilizzi i personaggi proposti (è possibile crearne di nuovi) e pubblicarlo sul proprio blog o profilo.
4) segnalare, nei commenti a questo post, il racconto pubblicato.
5) diffondere l'iniziativa, se possibile chiamando in causa direttamente altri due scrittori. Tutti, comunque, possono partecipare.

Ecco l'incipit proposto, da continuare con le regole sopra ricordate. Buona avventura!

Al di là dei riflessi opachi e freddi della cupola biancheggiavano le sponde dell’oceano; le acque cobalto della baia ne lambivano la riva a brevi intervalli, con carezze viscose. Fra le pieghe di velluto denso della superficie luccicavano agli imprevedibili scoppi di luce violetta della vecchia Ritelgeuse. Il riverbero di quei bagliori rimbalzava, come un’eco istantanea, sulle travature del Braccio verticale dell’astroporto. Visti dal basso, i tralicci che lo componevano salivano perpendicolarmente all’orizzonte, formando il tronco metallico di un albero ciclopico, piantato fin nel cuore del pianeta. Una selva di diramazioni laterali si staccava dalla struttura principale e da ognuna di queste germogliavano a loro volta numerosi altri segmenti, in una serie di molti ordini di ramificazioni. Dalle più piccole appendici terminali, ciascuna grande dieci volte un uomo, le navi spaziali pendevano come frutti maturi.
Miriadi di vascelli, un numero forse incalcolabile, ma di gran lunga inferiore a quello delle stelle verso cui erano rivolte le loro prue affusolate, la dove la razza umana aveva osato per prima spingere lo sguardo. Le sagome tozze dei grandi cargo oscuravano con ombre nette e spigolose gli ovali dei caccia da perlustrazione, cento volte più piccoli, scintillanti per il riverbero azzurrognolo delle luci di posizione. Tutto intorno a quei colossi del cielo ondeggiavano, come altrettanti satelliti, veicoli da esplorazione, aggraziate navi di linea, che contrastavano con le aguzze e sinistre fusoliere degli incrociatori da battaglia. A loro volta, le gigantesche astronavi da carico scomparivano al cospetto della mole titanica delle Arche planetarie, attraccate alla parte terminale del Braccio, che incombevano su tutto sfidando ogni legge di prospettiva con le loro dimensioni incomprensibili.
Nella rotazione asincrona, che assicurava alle varie sezioni dell’immensa struttura la possibilità di disperdere il carico statico, le sfere contenenti i mondi artificiali passavano alternativamente sopra alla porzione di cupola dove si trovava Jonas, come piccole lune punteggiate di luci.
Nel momento in cui l’ombra ricoprì ogni cosa, il veterano sollevò lo sguardo dalla propria tazza di caffè, ormai freddo, pensando che stava aspettando Lucille già da cinque rotazioni: ma quella che aveva oscurato il cielo freddo di Ritelgeusille non era un’Arca. Prima che potesse realizzare l’immensità di ciò che stava accadendo, la luce lo avvolse, ed ogni traccia di pensiero coerente si dissolse nell’abbacinante eco elettromagnetica dell’unica esplosione, che aveva scomposto, in una frazione di tempo di brevità incomprensibile, tutta quella porzione di universo nelle sue particelle elementari.
A quel punto, come ogni volta, Eleanor si svegliò.

Image credit: http://bestartstudios.blogspot.it/ - Jamie Best Art Studio

FINALE: Agorà dei pensieri 

Il metallo era freddo e impugnare le manopole ridotte a ferraglia significava tendere tutti i muscoli per riprendere la salita. Rapidamente Eleanor si alzò dal sellino, mordendosi le labbra e pedalando con tutta l'energia di cui disponeva ancora, si girava continuamente scrollando la testa e sorridendo, si sentiva ogni volta libera e sorprendentemente felice.
Girarsi indietro per quale ragione poi? Non poteva esserci nessuno alle sue spalle, dopo l'esplosione gli ultimi azzurri mondi artificiali si erano scomposti in molecole di onde e fotoni e per una distorsione temporale trasportavano suoni provenienti dai pensieri.
Eleanor si svegliava ogni volta a quel punto, quando i pensieri prevalevano e si materializzavano di fronte a lei. E allora un impulso fremebondo la rendeva furente e non poteva fare altro che salire sull'ultima bicicletta dell'antico Mondo e raggiungere il piazzale: l'agorà.
Quella volta arrivò in cima esausta, gli occhi vibranti in cerca di risposte, la pelle violacea.
Da troppo tempo ascoltava le vibrazioni di quei pensieri nella speranza che si realizzasse ciò che desiderava. Inferno e Paradiso perduto, come perduti i tempi dei tempi, se avesse ascoltato per un attimo soltanto quei pensieri negativi non sarebbe mai accaduto ciò che stava per accadere.
Impeccabile si stagliava ritta in punta di piedi, con le braccia aperte, gli occhi chiusi e un lieve sorriso, convinta che solo in questo modo tutta l'agorà in cui si affollavano i pensieri, i ricordi e le immagini si concentrassero su di lei.
E puntualmente sorridendo, apriva lenta gli occhi e si schiudeva in una felicità mai raggiunta, sottovoce  sentiva lui... come carezza sussurrata all'orecchio.

Lui: adorato, sognato.

Seguendo un punto all'infinito, non distogliendo lo sguardo neanche per un attimo quando la particella si avvicinava. Lei, la piccola Eleanor poteva risentire il suo amato padre.
Una minuscola impercettibile immagine iridescente, colorava con bagliori intermittenti il suo volto. Gli occhi si allagavano di lacrime, non appena quei colori diventano parole, suoni ancestrali e pensieri all'interno di se stessa. Le immagini del padre.
Pochi brevissimi attimi. Poi nulla. L'agorà dei pensieri scompariva fluttuando maldestramente e svanendo.
Per qualche attimo ancora rimaneva spossata a guardarsi intorno. Richiudeva gli occhi, doveva fare resistenza a non odiare, a non urlare poiché nei flutti vaganti si aprivano gli scenari delle passate esplosioni, ricordi del padre.
Con le labbra morse con vigore, in un balzo riprendeva la bici e ripercorreva la strada del ritorno, dietro a sé il cielo plumbeo, come ogni volta.
Il sentiero scosceso e il metallo freddo, come sempre. Giù, pedalando con ritmo sfrenato, incurante del dislivello. Serrava le labbra e non si girava più indietro, l'impellenza era tornare a casa, prima possibile. Il tempo si dilatava ogni volta e non c'era possibilità di fermarlo.
Sentiva fluttuare dietro di sé le immagini, i suoni, i ricordi, moltiplicandosi in rombi elettrici. Il cuore a bomba in gola, impediva ogni pensiero ancora, pedalava senza ragione..


Con lo sguardo accigliato, e il viso abbassato si avvicinò al fratello:
Lui la osservò con dolcezza, le diede una carezza sulla testolina morbida...
"Non importa Eleanor, farai meglio la prossima volta, questa volta era davvero difficile riprendere tutti i ricordi passati e i tuoi pensieri e renderli vivi di nuovo."
"E quando vi riuscirò. Quando cambierò il nostro destino?"
"Quando il tuo pensiero sarà in perfetta coesione con le vibrazioni dell'Universo.. Eleanor"







5 commenti:

Anonimo ha detto...

Meraviglioso..non ci sono parole, le ho perse tutte leggendo questo racconto favoloso che consiglio a tutti!

Marco L. ha detto...

Ho qualche dubbio sulle molecole di onde e fotoni... :)=

Blogghidee - Ximi - ha detto...

@Marco,
ma grazieee ci tenevo al tuo giudizio :D e sono davvero contenta che ti sia piaciuto!!!
Per la questione fotoni e onde ti spiegherò la mia teoria delirante, sono curiosa di sapere il tuo parere da scienziato ehehe!
Grazie ancora!

Anna Maria Fabbri ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anna Maria Fabbri ha detto...

Questa cosa mi piace un sacco! Sogno già un seguito, solo che non ho le capacità per scriverlo perciò aspetto che altri continuino, così leggo e sogno. Ho condiviso l'iniziativa di Spartaco Mencaroni alle mie cerchie estese spero di aver fatto bene.

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