Una volta si utilizzava la ricerca di gruppo per invogliare i ragazzi ad incontrarsi. Gli insegnanti avevano due approcci: o lasciavano ai ragazzi il compito di unirsi in gruppi, ma di solito c'era sempre qualcuno che veniva lasciato fuori, oppure decidevano a priori i gruppi, cercando di renderli più omogeni possibili. Il lavoro veniva svolto riunendosi a casa di qualche bambino volonteroso.
In questi momenti di condivisione, nascevano delle vere e proprie alleanze o dei contrasti. Qui entrava in gioco la responsabilità di ogni singolo individuo, la voglia di fare insieme per raggiungere uno scopo, il desiderio di riuscire a fare meglio degli altri. La ricerca diventava un luogo di scambio, di realtà in cui ci si scontrava con le proprie possibilità, non c'erano adulti che insegnavano, nè suggerimenti: i ragazzi erano lasciati soli a risolvere i vari passaggi per giungere al risultato finale.
In queste occasioni occorreva prendere delle decisioni, qualcuno doveva parlare, chiedere agli altri, anche i più timidi, che idee avessero per incominciare la ricerca. Occorreva insomma mettere la prima pietra per continuare l'opera!
Alla fine tutti avevano qualcosa da dire, da aggiungere, da cercare.
S'innescava il desiderio di primeggiare e di farsi valere, ma anche di organizzarsi insieme agli altri. Si scoperchiavano lentamente le personalità dei singoli: chi era timido e maldestro, chi arrogante e presuntuoso, ma capace, chi sapeva disegnare, chi scrivere, chi organizzare.
Ognuno trovava e scopriva la sua competenza e la metteva a frutto...
I genitori era spettatori di questa vita pulsante, non si sostituivano ai figli, nè si interessavano alla ricerca, i figli consultavano i genitori con reticenza, con l'orgoglio di voler dimostrare la propria abilità. E su questo punto ci sarebbe da aprire un'enorme parentesi sull'aiuto, a volte invadente, di alcuni genitori.
Bisognerà pur che i figli si rendano conto di essere capaci? E lo sono davvero se venisse lasciato loro uno spazio creativo nel quale gestire con i propri coetani i giusti esperimenti per iniziare e finire un lavoro con le proprie esclusive forze!
Al termine di tutto, chi aveva lavorato e chi solo guardato, poteva mostrare il proprio risultato: allora entravano in gioco gli insegnanti e i genitori, che meravigliandosi sempre dell'operato dei ragazzi, non erano certo aridi di complimenti, mostrandosi attenti e curiosi, stimolavano ulteriormente i ragazzi a proseguire su questa strada.
Veniva dedicato il tempo necessario per dare a tutti la possibilità di leggere ed esporre l'elaborato e di solito alla fine gli altri alunni spettatori applaudivano, per gratificare ulteriormente i compagni. I lavori venivano appesi alle pareti e solitamente non c'erano reticenze ad ammettere che la ricerca del compagno fosse comunque bella.
Un'esperienza entusiasmante per tutti.
Quanti di voi possono dire che i propri figli abbiano vissuto qualcosa di simile? Pochi, purtroppo, forse nessuno. A scuola sono seguiti passo dopo passo e a casa agli insegnanti si sostituiscono i genitori!
Quando impareranno a gestirsi, a sbagliare, a sapersi correggere da soli?
Anche se la ricerca non sarà perfetta, lasciamoli fare...
Spesso i tentativi delle insegnanti muoiono perchè i genitori non vogliono fare brutta figura. Mi è capitato con una delle mie figlie: l'insegnante alle elementari aveva proposto ai bambini di inventare delle filastrocche o poesiole con le verdure... Il risultato è stato una serie di telefonate fra mamme, nella disperazione perchè non trovavano degli spunti per scrivere qualcosa di originale. Alla fine le poesie sono state trascritte sui quaderni ed erano veramente belle, troppo, per un bambino di seconda elementare. Che senso ha? Gli insegnanti scuotono la testa, ma i risultati sui ragazzi saranno poi nefasti... perchè non saranno poi in grado di gestirsi da soli.
Accompagnandoli da lontano, essendo presenti se hanno bisogno di noi, li farà diventare degli adulti sicuri e consapevoli delle proprie capacità.
Non è forse quello che vogliamo in fondo al nostro cuore?
In questi momenti di condivisione, nascevano delle vere e proprie alleanze o dei contrasti. Qui entrava in gioco la responsabilità di ogni singolo individuo, la voglia di fare insieme per raggiungere uno scopo, il desiderio di riuscire a fare meglio degli altri. La ricerca diventava un luogo di scambio, di realtà in cui ci si scontrava con le proprie possibilità, non c'erano adulti che insegnavano, nè suggerimenti: i ragazzi erano lasciati soli a risolvere i vari passaggi per giungere al risultato finale.
In queste occasioni occorreva prendere delle decisioni, qualcuno doveva parlare, chiedere agli altri, anche i più timidi, che idee avessero per incominciare la ricerca. Occorreva insomma mettere la prima pietra per continuare l'opera!
Alla fine tutti avevano qualcosa da dire, da aggiungere, da cercare.
S'innescava il desiderio di primeggiare e di farsi valere, ma anche di organizzarsi insieme agli altri. Si scoperchiavano lentamente le personalità dei singoli: chi era timido e maldestro, chi arrogante e presuntuoso, ma capace, chi sapeva disegnare, chi scrivere, chi organizzare.
Ognuno trovava e scopriva la sua competenza e la metteva a frutto...
I genitori era spettatori di questa vita pulsante, non si sostituivano ai figli, nè si interessavano alla ricerca, i figli consultavano i genitori con reticenza, con l'orgoglio di voler dimostrare la propria abilità. E su questo punto ci sarebbe da aprire un'enorme parentesi sull'aiuto, a volte invadente, di alcuni genitori.
Bisognerà pur che i figli si rendano conto di essere capaci? E lo sono davvero se venisse lasciato loro uno spazio creativo nel quale gestire con i propri coetani i giusti esperimenti per iniziare e finire un lavoro con le proprie esclusive forze!
Al termine di tutto, chi aveva lavorato e chi solo guardato, poteva mostrare il proprio risultato: allora entravano in gioco gli insegnanti e i genitori, che meravigliandosi sempre dell'operato dei ragazzi, non erano certo aridi di complimenti, mostrandosi attenti e curiosi, stimolavano ulteriormente i ragazzi a proseguire su questa strada.
Veniva dedicato il tempo necessario per dare a tutti la possibilità di leggere ed esporre l'elaborato e di solito alla fine gli altri alunni spettatori applaudivano, per gratificare ulteriormente i compagni. I lavori venivano appesi alle pareti e solitamente non c'erano reticenze ad ammettere che la ricerca del compagno fosse comunque bella.
Un'esperienza entusiasmante per tutti.
Quanti di voi possono dire che i propri figli abbiano vissuto qualcosa di simile? Pochi, purtroppo, forse nessuno. A scuola sono seguiti passo dopo passo e a casa agli insegnanti si sostituiscono i genitori!
Quando impareranno a gestirsi, a sbagliare, a sapersi correggere da soli?
Anche se la ricerca non sarà perfetta, lasciamoli fare...
Spesso i tentativi delle insegnanti muoiono perchè i genitori non vogliono fare brutta figura. Mi è capitato con una delle mie figlie: l'insegnante alle elementari aveva proposto ai bambini di inventare delle filastrocche o poesiole con le verdure... Il risultato è stato una serie di telefonate fra mamme, nella disperazione perchè non trovavano degli spunti per scrivere qualcosa di originale. Alla fine le poesie sono state trascritte sui quaderni ed erano veramente belle, troppo, per un bambino di seconda elementare. Che senso ha? Gli insegnanti scuotono la testa, ma i risultati sui ragazzi saranno poi nefasti... perchè non saranno poi in grado di gestirsi da soli.
Accompagnandoli da lontano, essendo presenti se hanno bisogno di noi, li farà diventare degli adulti sicuri e consapevoli delle proprie capacità.
Non è forse quello che vogliamo in fondo al nostro cuore?
By Ximi
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