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mercoledì 9 dicembre 2009

Quello che le immagini non dicono

Ci sono tanti modi di guardare un’immagine e renderla propria.

La mera osservazione.

In questo modo si possono trovare dei punti che incuriosiscono, scuotono un senso profondo, quasi sconosciuto, che attrae la nostra attenzione. 

Ci ritroviamo spaesati di fronte a qualcosa che smuove, che richiama ricordi, sensazioni o il nulla.

Un’immagine che non dice niente, comunque sta parlando della sua negazione, così come un pensiero che non condividiamo ha comunque sollecitato un altro nostro pensiero, quindi è vivo, reale. Palpita. Chiede di esistere. E ci riesce anche nella nostra contrarietà.

Un’immagine è sostanzialmente brutta o bella solo per una questione di estetica soggettiva.

Ciò che i nostri occhi colgono è molto più profondo di ciò che la mente poi elabora a livello verbale o conscio. Le immagini parlano, ma noi sappiamo decifrare le parole?

Nascondono un pensiero: la logica del creatore dell’immagine stessa, spesso lontanissima dal nostro mondo e magari anche dai nostri principi. L’opera è un’astrazione dell’artista e di conseguenza rientra nell’anima del creatore, ne è un tutt’uno imprescindibile, fa parte del suo sangue, della sua fatica, del suo dolore. Esporre un’immagine propria è addomesticare i propri impulsi, trasfigurarli in qualcosa di visibile per gli altri, lasciare che le linee, i colori, parlino al posto nostro, senza bisogno di spiegazioni.

Eppure esiste anche una necessità di dialogare con le immagini e attraverso esse, spingersi oltre ciò che la realtà offre all’occhio e alla sua cecità. Arrivare al processo inverso: snaturare l’immagine per estrapolare dei dati, delle parole.

Decifrare un’immagine, come lo scrittore descrive un paesaggio e il lettore lo raffigura a sua volta, senza l’ausilio di illustrazioni, liberamente. Attingendo ai ricordi, alle emozioni delle parole e ai sussurri del pensiero.

Descrivere le immagini anche per chi non vede, per chi non può riconoscere le parole delle immagini. Come in un sogno annerito dal tremore della notte. Nel buio, rendere vivo il colore. Rendere viva la forma, usando la forza delle parole per rigenerare le sensazioni che regala semplicemente il colore.

Un’astrazione, forse irrealizzabile. Un tentativo che i critici d’arte usano per descrivere le opere, con parole ridondanti, paragoni a volte assurdi, che invece di avvicinare il pubblico all’immagine, lo allontana in visioni vaghe, incomprensibili.

L’analisi

Nell’analisi dell’immagine, che sia un quadro o la semplice osservazione di una foto, di una persona o di un vestito, intervengono molteplici fattori.

In primo luogo il gusto personale verso i colori, la forma e il connubio fra essi, quello che appare nel suo insieme tra colore e forma. La percezione dell’immagine passa attraverso vari canali a seconda dell’oggetto esaminato. Un’immagine è statica, ma se la associamo ad un oggetto, può muoversi e per così dire, vivere. La pubblicità è un esempio di come si muovono i disegni, di come vengono associati i colori ai prodotti, di come tutta la grafica sia impostata con una precisa strategia di vendita. Non c’è niente lasciato al caso. Ogni minimo dettaglio è studiato, rigorosamente affiancato ad estenuanti ricerche di mercato sulle preferenze del consumatore e sul modo più efficace per attirarlo verso i prodotti che vanno promossi e venduti. La pubblicità martellante di immagini, suoni, colori e colori.
Anche il web è diventato una sorta di enorme contenitore pubblicitario, ma qui le immagini rivestono un ruolo minore, non devono essere invadenti e si esige un certo rigore nell’associarle ai siti, i quali devono mantenere un ruolo primario. La grafica del sito è invece determinante per sedurre e invitare il navigatore a restare più tempo possibile nello spazio virtuale e avere modo di accedere alle informazioni in esso contenute. Così le immagini hanno ancora un’importanza rilevante, nutrono le parole e ne creano di nuove, sollecitando la persona a rimanere o cambiare sito, ad una velocità sorprendente, per arrivare a nuovi spazi virtuali, a nuove immagini, a nuove informazioni. Un susseguirsi impaziente di cambiamenti, di ricerche. E insieme un susseguirsi di immagini e parole.

Il discorso si può ampliare a ogni mezzo di comunicazione di massa, dai giornali, a internet, dalla televisione ai i libri; perfino la musica si è affidata alle immagini per rappresentarsi, i video musicali ne sono un esempio più che esauriente. La mia perplessità rimane sempre aperta: questo modo di riempire tutte le possibilità dell’immaginazione personale alla fine non è un modo per limitare la fantasia individuale? L’immaginazione richiede tempo e pazienza, non sempre le idee spuntano dal niente, occorre individuare un punto che interessa e rafforzare la capacità di concentrazione per giungere a certi obiettivi. Occorre esperienza e padronanza. Nulla vieta di modellare la fantasia e quindi le immagini, i pensieri, la creatività verso un libero fluire e allora si potrà attingere “l’acqua che sgorga dalla fonte”.

L’analisi di un'immagine può richiedere un tempo indefinito, può variare da un secondo a giorni interi, mesi, anni. Gli studiosi di arte impiegano anni a ricostruire la vita di personaggi famosi, pittori o scultori che siano, per tentare di appropriarsi del loro segreto interiore, della spinta, del furore che li costringeva a creare. Ogni tesi è e rimarrà solo una ipotesi, valutata su criteri oggettivi o soggettivi, ma puramente personali avvallati da fatti concreti o meno. Solo l’artista medesimo sa cosa vuole comunicare attraverso la sua opera. E a volte non lo sa neppure lui. Crea e basta. C’è poi un passaggio definitivo che porta l’opera a un’ulteriore trasformazione: l’esposizione pubblica. Qui ognuno di noi è libero di appropriarsi intimamente delle immagini, darsene una spiegazione, attingere alle fonti, studiare l’artista o semplicemente liberarsi da ogni catena e mettersi a nudo di fronte a qualcosa di nuovo.

Sto decisamente trattando di immagini che abbiano un vero vissuto e non di quelle che rincorrono il successo a tutti i costi, come diceva Kandinsky “in ogni –centro d’arte- vivono migliaia e migliaia di artisti, la maggior parte dei quali ricerca solo una maniera nuova, e crea milioni di opere d’arte col cuore freddo e l’anima addormentata”.

Nel calderone delle figure inutili e delle quali faremmo anche a meno esistono poi quelle insuperabili che abbiamo davanti ogni giorno: la natura, fonte inesauribile di immagini, mai uguali, mai ripetitive, sempre nuove e sotto certi versi irraggiungibili.

Parole in libertà
L'astrazione addomesticata
nei sussurri
del libero fluire
si trasforma nell'irraggiungibile.

La citazione sottolineata è tratta dal libro "Lo spirituale nell'arte" Wassily Kandinsky a cura di Elena Pontiggia, Bompiani.


by Ximi   Illustraidee


 

 


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